Può accadere improvvisamente!
Così, quasi senza accorgercene, di passare un giorno davanti allo specchio, oppure vedendoci in una fotografia di avvertire una discrepanza tra ciò che siamo e ciò che ci immaginavamo di essere o avremmo voluto essere.
Qualunque sia la nostra immagine, bella o brutta, il punto sta nel non percepirsi da dentro, ma essersi abituate a vedersi attraverso gli occhi e i giudizi degli altri. Possono allora scattare quei comportamenti «punitivi» utili a darci la colpa per non essere come noi vorremmo o come gli altri si aspetterebbero che fossimo.
Perché la lista di persone da accontentare, se tendiamo ad essere compiacenti delle richieste altrui, può essere pericolosamente lunga:
- genitori che non possiamo deludere opporre ai quali dover dimostrare di valere più di quanto ci hanno fatto credere che valessimo;
- partner scelti con la convinzione che ci avrebbero sostenut*, aiutat*, capit*, ma che hanno solamente confermato e rafforzato le nostre indecisioni;
- colleghi a cui succede sempre qualcosa di meglio di quanto succeda a noi e nonostante questo, sono sempre pronti a contestare, giudicare, inveire contro le nostre azioni.
Comprendere cosa ci spinga verso la ricerca di consensi, è un viaggio, un viaggio in un groviglio di ricordi ed emozioni, alla fine del quale, scrive Renate Gockel: «Il conoscersi e riconoscersi consente di sperimentare altre vie di comportamento più adulte e mature (…) chiarendo il legame con la nostra parte bambin*» quella che ci spinge a cercare l’approvazione esterna ma che dovrebbe invece essere dentro di noi.
